Da
una recente statistica è risultato che la professione forense è uno di quei
settori più resistenti al progresso tecnologico.
Infatti,
a fronte dei cambiamenti apportati dal processo telematico, gli avvocati, anche
più giovani, non hanno modificato il loro approccio “cartaceo” tradizionale.
Gli
avvocati sono legati alla tradizione, sono poco propensi all’innovazione, sono
conservatori, forse per pigrizia o perché replicano in maniera acritica il
modello lavorativo appreso durante il corso della pratica forense dal loro
dominus, anch’egli, per forza di cose, ancora più “conservatore” e meno
evoluto.
Poco
più del 30% degli avvocati usa software gestionali per il disbrigo delle
pratiche; si può dire, senza tema di smentita, che nonostante la crescente
complessità della professione, gli avvocati non hanno modificato granché la
loro organizzazione.
Qualcuno
ha sostenuto che il massimo dell’evoluzione della figura dell’avvocato è consistita
nella sostituzione della macchina da scrivere con il computer.
Peggio
ancora che andar di notte se rivolgiamo la nostra attenzione al marketing; poco
più del 20% degli avvocati ha un sito o un blog, o usa internet per promuoversi
o comunicare, e la stragrande maggioranza di questa esigua minoranza non sa
come usare questi strumenti.
L’attaccamento
alla tradizione comporta che la maggioranza degli avvocati (70%) reputi inutile
o, addirittura, indecoroso o indegno svolgere attività di marketing per
incrementare il numero di clienti.
Curioso
notare che più o meno la stessa identica percentuale dichiara un basso livello di
reddito.
Ancora
più curioso il dato relativo al fatto che l’uso della tecnologia, fra gli
avvocati, è abbastanza evoluto per quanto riguarda l’uso personale relativo
agli acquisti online, all’informazione e al tempo libero, mentre è molto più
limitato in campo professionale.
Circa
il 60% dei giovani avvocati smette di lavorare nello studio legale in cui ha
fatto pratica.
Secondo
gli intervistati, questo sarebbe ricollegabile alla scarsa disponibilità del
dominus a far crescere professionalmente il praticante, che viene trattato più
o meno come una segretaria, non impara metodi e non acquisisce capacità o
competenze per gestire in autonomia la professione.
I
giovani avvocati sono pessimisti sui tempi necessari per raggiungere una resa economica
soddisfacente della loro attività: i più ottimisti pensano che arriverà fra i 5
e i 10 anni, ma la maggioranza, una volta entrata nel meccanismo e comprese le
dinamiche, crede che forse le soddisfazioni economiche non arriveranno mai.
I
giovani avvocati ritengono di ricevere pochi incarichi, in particolare gratuito
patrocinio e difese d’ufficio, in prevalenza da privati e grazie al passaparola
o alle conoscenze personali.
Applicano
compensi anche inferiori ai minimi tariffari, spesso a causa dell’eccessivo
numero dei colleghi, che, a loro dire, alimenta pratiche di concorrenza sleale.
La
maggioranza considera ancora fondamentale il passaparola e la conoscenza
diretta rispetto alle attività di marketing.
I
giovani avvocati vivono, in gran parte, una condizione di disagio: sono
insoddisfatti, delusi, alla ricerca di spazi vitali, afflitti dalla concorrenza
e dai magri guadagni; desiderano che le istituzioni intervengano in modo più attivo
nella realtà per attenuare o rimuovere disagi.
Solo
il 2% degli intervistati si dichiara soddisfatto della professione.
La
delusione dei giovani avvocati deriva principalmente da:
ü Pratiche
di concorrenza sleale, degrado culturale e comportamenti deontologicamente
scorretti;
ü Pochi
e difficili guadagni;
ü Degrado
della figura sociale dell’avvocato;
ü Scarsa
considerazione per il ruolo e la funzione sociale dell’avvocato.
Tali
preoccupazioni sottendono un desiderio di riscatto e di restituire alla
professione la dignità del suo ruolo.
I
giovani avvocati intervistati ritengono che l’eliminazione dei minimi
tariffari, che a suo tempo doveva servire a favorire la concorrenza (almeno
secondo l’intenzione del legislatore), ha peggiorato la condizione dei loro
compensi rispetto alla qualità e quantità del lavoro svolto.
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