REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE CIVILE
Composta dagli
Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CORRADO
CARNEVALE Presidente
Dott. GIUSEPPE
SALME’ Consigliere
Dott. SALVATORE
DI PALMA Consigliere
Dott. LUIGI
MACIOCE Consigliere
Dott. MASSIMO
DOGLIOTTI Rel. Consigliere
Sentenza
sul ricorso
25844- 2008 proposto da:
T M (C.F. ) , elettivamente domiciliato in ROMA, Via
del Tritone 169, presso l’avv. ************, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avv. *******************, giusta procura a margine del ricorso;
ricorrente
contro
G M (C.F. ), elettivamente domiciliata in ROMA, Via **********
7, presso l’avv. ***********, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. **************, giusta procura in
calce al controricorso
contro
ricorrente
contro
PROCURATORE
GENERALE PRESSO LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE, PROCURATORE PRESSO LA CORTE
D’APPELLO CIVILE DI ROMA
intimati
avverso la
sentenza n. 2823/2008 della Corte d’Appello di Roma , depositata il 2/07/2008;
udita la
relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/5/2012 dal
Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;
udito, per il
ricorrente, l’avv. ************** che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
anche l’avv. ****************
chiede l’accoglimento del ricorso;
udito, per la
contro ricorrente l’avv. ************ che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M.,
in persona del sostituto Procuratore Generale, Dott. Carlo Destro che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con sentenza non
definitiva, il Tribunale di Roma pronunciava scioglimento del matrimonio tra G M e T
M ; con successiva sentenza in data 3/8/2005, affidava le
due figlie minori alla madre, disciplinando i tempi di permanenza presso il padre; e prevedeva l’obbligo di questo di
contribuire al mantenimento delle figlie nella misura di € 1250,00; rigettava
la domanda della G di assegno di divorzio.
Proponeva
appello la G, chiedendo assegno per sé ed elevazione del contributo per le
figlie. Si costituiva il T, chiedendo
dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’appello.
La Corte
d’Appello di Roma, con sentenza in data 29- 5/2 – 7- 2008, in parziale riforma
della sentenza impugnata, disponeva che il T. corrispondesse assegno divorzile
alla moglie di € 800,00 mensili, con decorrenza dalla domanda ; elevava l’assegno
di mantenimento per le figlie, con decorrenza dalla decisione, all’importo di €
2700,00 mensili.
Resiste, con il
contro ricorrente, la G.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Va rigettata, in
quanto infondata, l’eccezione di inammissibilità del Ricorso proposta dalla
contro ricorrente, in relazione al carattere multiplo dei motivi (violazione di
legge e vizio di motivazione): è da ritenersi possibile tale scelta, quando la
violazione di legge e il vizio di motivazione, come nella specie, attengono al
medesimo rapporto e siano strettamente collegati. Quesiti di diritto e sintesi
in ordine a fatti controversi appaiono inadeguati.
Con il primo
motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 5 l . div. Sul dir. all’assegno,
nonché vizio di motivazione. Con il secondo, violazione del medesimo articolo e
vizio di motivazione sulla quantificazione dell’assegno stesso.
I motivi vanno
rigettati, in quanto infondati.
Non si ravvisa
violazione alcuna di legge. Il giudice a quo indica correttamente il
procedimento logico cui si è attenuto, in piena aderenza all’art. 5 l . divorzio: il riferimento al tenore di vita della famiglia
durante la convivenza matrimoniale e dell’inadeguatezza dei mezzi della ******
a mantenerlo; il richiamo alla posizione economica delle parti, quale indice del
pregresso tenore di vita (al riguardo , tra le altre, Cass. 2156/2010).
In sostanza il
ricorrente propone profili e valutazione di fatti, in contrasto con le indicazioni della sentenza
impugnata, sorretta da motivazione adeguata e non illogica.
Il giudice a quo
pone a confronto i redditi dei coniugi, secondo le loro dichiarazioni al
momento della separazione consensuale e all’attualità.
Afferma che il
redito netto dichiarato dal T, all’epoca, era comunque inadeguato a far fronte
agli impegni economici da lui spontaneamente assunti con la separazione
consensuale.
In quanto
all’attualità, la sentenza impugnata esamina i redditi delle parti,
caratterizzanti da un divario notevole a favore del T, accresciuto rispetto la
momento della separazione, nonché il loro patrimonio immobiliare (superiore,
anche in tal caso, quello del marito), ed afferma che l’odierno ricorrente
presenta una capacità elevata, derivante dall’esercizio di un’attività professionale ad un livello di
grande qualificazione (medico specializzato in chirurgia plastica o
dermatologia, presso ente ospedaliero ed in forma autonoma; docente
all’università, Scuola di Specializzazione). La moglie risulta dipendente della
**************.
Esamina altresì
il giudice a quo i vari parametri di quantificazione dell’assegno, dando
comunque netta prevalenza alla comparizione dei redditi tra coniugi (al
riguardo, Cass. n. 16606/2010).
Con il terzo
motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 4 n. 3 l . divorzio nonché vizio di
motivazione sulla decorrenza dell’assegno.
Il motivo va dichiarato infondato.
Va precisato che
la decorrenza della domanda (o, all’opposto,
successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di divorzio,
attributiva del nuovo status), a differenza di quanto afferma la contro
ricorrente, deve essere comunque motivata (così, tra le altre, Cass. n.
14124/2009). E , tuttavia, dal contesto motivazionale, emergono, seppure per
implicito, le ragioni della pronuncia al
riguardo, e, in particolare, la mancata previsione di un assegno in sede di
separazione consensuale sussistendo, al contrario, fin dalla domanda di
divorzio, tutti i presupposti del relativo assegno.
Con il quarto
motivo, il ricorrente lamenta violazione degli artic. 147, 155 cc e 8 l . divorzio, nonché vizio di
motivazione in ordine al contributo per el figlie.
Il T afferma che
al moglie non avrebbe fornito prova delle aumentate esigenze delle figlie, tali
da giustificare un aumento dell’assegno a loro favore.
È appena il caso
di precisare che il giudice, riguardo ai figli, può provvedere anche al di là
delle richieste delle parti e potrebbe assumere mezzi di prova, anche
d’ufficio, ai sensi dell’art. 155 sexies cc. dunque egli ben può, come nella
specie, ricorrere a presunzioni, secondo quanto comunemente accade, precisando
che le esigenze di due ragazze di sedici e quattordici anni sono sicuramente
più ampie ed articolate rispetto a
quelle di due bambine di sette e cinque, quali erano all’epoca della
separazione. E correttamente la Corte di merito richiama le esigenze di studio,
di svago, la vita di relazione, ecc. Semmai sarebbe spettato alla richiedente
fornire prova di ulteriori e particolari esigenze (salute, studi specifici che
necessitassero di soggiorni all’estero, ecc. ). Nè si può affermare che il
giudice a quo non abbia considerato l’esigenza di sostentamento di una figlia
di secondo letto del T, cui la sentenza impugnata fa esplicito riferimento.
Conclusivamente,
il ricorso va rigettato.
Le spese seguono
la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta
il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio di legittimità , che liquida in
5000,00 per onorari ed
200,00 per esborsi, oltre spese generalità ed accessori di legge.
200,00 per esborsi, oltre spese generalità ed accessori di legge.
In tal caso di
diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri
identificativi, a norma dell’art. 52 d. lgs 196/03, in quanto imposto dalla
legge.
Roma, 28 maggio
2012
il Consigliere
estensore
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