Le società
finanziarie stipulano con la loro clientela dei contratti di finanziamento, normalmente denominati di credito
al consumo o piccoli prestiti.
Ebbene, queste
società, di solito, inseriscono nei loro contratti, che normalmente sono dei prestampati, delle clausole che prevedono il
pagamento degli interessi di mora in caso di ritardo nel versamento delle rate.
Ebbene, secondo
la Corte di Cassazione (Sent. N. 23273/2010) queste clausole sono da
considerarsi vere e proprie clausole penali, e, come tali, soggette alla
disciplina dell’art. 33, comma 2, lett f) del DL 6/9/2005 n. 206 (Codice del
Consumo), secondo il quale si presumono vessatorie, fino a prova contraria, le
clausole che impongono al consumatore (in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento)
il pagamento di una somma a titolo di risarcimento, clausola penale o altro
titolo equivalente di importo manifestamente eccessivo.
Fra l’altro, nei
contratti prestampati predisposti dalle società finanziarie (cd formulari),
queste ultime devono provare che la clausola è stata oggetto di specifica
trattativa con il consumatore, ai sensi dell’art. 34, ultimo comma, DL
206/2005.
In tali
circostanze, le clausole vessatorie sono da considerarsi nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto, e le somme
eventualmente corrisposte a titolo di interessi di mora devono essere
restituite (Cfr. Tribunaledi Cremona, sent. 24/10/2013).
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