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giovedì 29 maggio 2014
MEMORIA DI REPLICA EX ART. 190 CPC - DIFFERENZA TRA CTU PERCIPIENTE E CTU DEDUCENTE
TRIBUNALE DI SALERNO
MEMORIA DI REPLICA EX ART. 190 CPC
Per ____________,
rapp.to e difeso dall'avv. _________________,
attori
Contro Condominio __________,
con l’avv. _________,
convenuto
Gli attori si riportano alle conclusioni
ed alle argomentazioni in fatto e in diritto svolte in atti e verbali di causa,
e replicano alle deduzioni avversarie, sottoponendo all’On.le Giudicante le seguenti
considerazioni.
1) E’
necessario, innanzi tutto, premettere alcune osservazioni sulla consulenza tecnica
d’ufficio.
Mentre in alcuni casi il consulente è
chiamato semplicemente ad esprimere una valutazione tecnica rispetto a fatti
già provati (CTU deducente), in altre situazioni, invece, egli è chiamato ad
accertare il fatto (CTU percipiente).
La distinzione tra CTU deducente e
percipiente si trova esposta in maniera chiara nella motivazione della sentenza
della Cassazione a Sezioni Unite n.
9522/1996: … Il giudice può affidare al
consulente tecnico non solo l'incarico
di valutare i fatti da lui stesso accertati o dati per esistenti (consulente
deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente
percipiente). Nel primo caso la consulenza presuppone l'avvenuto espletamento
dei mezzi di prova e ha per oggetto la valutazione di fatti i cui elementi sono
già stati completamente provati dalle parti; nel secondo caso la consulenza può costituire essa stessa fonte
oggettiva di prova (Cass. 19 aprile 1988 n. 3064; Cass. 13/3/2009, n.
6155; Cass. 24620/2007; Cass. 4743/2007; Cass. 3990/2006; Cass. 27002/2005;
Cass. 13401/2005; Cass. 31 marzo 1990 n. 2629; Cass. 4 aprile 1989 n. 1620), senza che questo significhi che le parti
possono sottrarsi all'onere probatorio e rimettere l'accertamento dei propri
diritti all'attività del consulente. In questo secondo caso è necessario, infatti,
che la parte quanto meno deduca il fatto
che pone a fondamento del proprio diritto e che il giudice ritenga che il suo
accertamento richieda cognizioni tecniche che egli non possiede o che vi
siano altri motivi che impediscano o sconsiglino di procedere direttamente
all'accertamento.
Quindi, tale ultima ipotesi ricorre
ogni qual volta l’accertamento del fatto
implichi delle valutazioni tecniche che, evidentemente, non possono essere
oggetto di testimonianza o di altri mezzi di prova. Si tratta dunque di
un’impossibilità giuridica, non di un’impossibilità materiale: infatti, nel
procedimento di ATP, il CTU ha dovuto effettuare alcuni saggi, resisi necessari
proprio per accertare esattamente (percepire, appunto) i fatti verificatisi; è
chiaro, quindi, che tali attività potevano essere compiute soltanto da una
persona in possesso di determinate cognizioni tecniche.
Nella fattispecie oggetto del
presente giudizio era necessario esprimere una valutazione tecnica: detta prova
non poteva essere fornita con testimoni, ai quali sono inibite le valutazioni;
né con consulenze tecniche di parte, che nel nostro ordinamento sono mere
allegazioni difensive di carattere tecnico. L’unico mezzo possibile era dunque
la consulenza tecnica, che è stata richiesta ed espletata mediante il ricorso
al procedimento di cui all’art. 696 cpc.
Orbene, allorquando l’accertamento del fatto impone delle valutazioni tecniche,
la CTU diventa un vero e proprio mezzo
di prova, con l’importante conseguenza che il giudice non può rifiutarsi di
disporla e al tempo stesso rigettare la domanda per mancanza di prova.
Nel caso oggetto del presente
giudizio, pertanto, sussistono tutti gli elementi della consulenza d’ufficio
percipiente, perché l’attore ha allegato i fatti costitutivi e gli elementi
specifici posti a fondamento del proprio diritto al risarcimento del danno, non
contestati e quindi non bisognosi di prova, anzi espressamente riconosciuti dal
convenuto, se pur parzialmente, in comparsa di costituzione ed in comparsa
conclusionale.
2) Per quanto
concerne la differenza tra la liquidazione dei danni effettuata dal CTU e
quella operata dagli attori, vi è da dire che, a parte qualche piccolo intervento
di poco conto che al CTU è forse sfuggito, la parte più sostanziosa riguarda le
spese di giudizio relative all’ATP, che non possono essere assolutamente trascurate.
Infatti, a tal proposito, la Suprema
Corte ha stabilito che le
somme erogate dalla parte che
ha chiesto un accertamento tecnico preventivo per
compensare il consulente tecnico di ufficio ed il proprio consulente
costituiscono, dopo che gli atti
dell'accertamento tecnico sono stati acquisiti nel successivo giudizio di
merito, spese giudiziali e non
componenti del danno da risarcire e le relative somme non sono pertanto soggette a rivalutazione
monetaria, ma debbono essere considerate
nella liquidazione delle spese processuali da porre, in tutto o in parte, a carico del soccombente, salvo che il
giudice non ritenga di compensarle ai sensi dell'art. 92 cpc (Cass.
23/12/1993 n. 12759).
La Cassazione, più recentemente, si è
espressa nello stesso senso, statuendo che le
spese dell'accertamento tecnico
preventivo vanno poste,
a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente e vanno
prese in considerazione nel successivo giudizio di merito (ove l'accertamento
stesso venga acquisito) come spese giudiziali, da porre, salva l'ipotesi di
compensazione, a carico del soccombente
(Cass. 12/2/2000 n. 1690).
Orbene, nel procedimento di ATP, gli attori hanno sostenuto spese di giudizio, documentate,
pari ad euro _______, così suddivise: € _________ per consulente tecnico
d’ufficio; € ________,00 per consulente tecnico di parte; € ______,00 per
competenze legali; è necessario, pertanto, ristorare la parte vittoriosa dagli
oneri inerenti al dispendio di attività processuale legata da nesso causale con
il comportamento dell'avversario, che, pur riconoscendo, nei suoi scritti
difensivi, una responsabilità del condominio ha reso comunque necessario il ricorso
all’autorità giudiziaria.
Tutt’altro impugnato, si insiste per
l'accoglimento delle conclusioni tutte svolte nei precedenti scritti difensivi,
con vittoria di spese.
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