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lunedì 20 agosto 2012

CORTE DI CASSAZIONE - SENTENZA N. 12974/12



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CORRADO CARNEVALE                              Presidente
Dott. GIUSEPPE SALME’                                        Consigliere
Dott. SALVATORE DI PALMA                               Consigliere
Dott. LUIGI MACIOCE                                            Consigliere
Dott. MASSIMO DOGLIOTTI                                 Rel. Consigliere

Sentenza

sul ricorso 25844- 2008 proposto da:

T         M  (C.F.    ) , elettivamente domiciliato in ROMA, Via del Tritone 169, presso l’avv. ************, che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. *******************, giusta procura a margine del ricorso;

ricorrente

contro

G  M  (C.F.   ), elettivamente domiciliata in ROMA, Via ********** 7, presso l’avv. ***********, che la rappresenta e difende unitamente  all’avv. **************, giusta procura in calce al controricorso


contro ricorrente
contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE, PROCURATORE PRESSO LA CORTE D’APPELLO CIVILE DI ROMA

intimati

avverso la sentenza n. 2823/2008 della Corte d’Appello di Roma , depositata il 2/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/5/2012 dal Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;

udito, per il ricorrente, l’avv. ************** che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

anche l’avv. **************** chiede l’accoglimento del ricorso;
udito, per la contro ricorrente l’avv. ************ che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del sostituto Procuratore Generale, Dott. Carlo Destro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza non definitiva, il Tribunale di Roma pronunciava scioglimento del matrimonio tra G  M e T  M ; con successiva sentenza in data 3/8/2005, affidava le due figlie minori alla madre, disciplinando i tempi di permanenza presso  il padre; e prevedeva l’obbligo di questo di contribuire al mantenimento delle figlie nella misura di € 1250,00; rigettava la domanda della G di assegno di divorzio.

Proponeva appello la G, chiedendo assegno per sé ed elevazione del contributo per le figlie. Si  costituiva il T, chiedendo dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’appello.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza in data 29- 5/2 – 7- 2008, in parziale riforma della sentenza impugnata, disponeva che il T. corrispondesse assegno divorzile alla moglie di € 800,00 mensili, con decorrenza dalla domanda ; elevava l’assegno di mantenimento per le figlie, con decorrenza dalla decisione, all’importo di € 2700,00 mensili.

Resiste, con il contro ricorrente, la G.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va rigettata, in quanto infondata, l’eccezione di inammissibilità del Ricorso proposta dalla contro ricorrente, in relazione al carattere multiplo dei motivi (violazione di legge e vizio di motivazione): è da ritenersi possibile tale scelta, quando la violazione di legge e il vizio di motivazione, come nella specie, attengono al medesimo rapporto e siano strettamente collegati. Quesiti di diritto e sintesi in ordine a fatti controversi appaiono inadeguati.

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 5 l. div. Sul dir. all’assegno, nonché vizio di motivazione. Con il secondo, violazione del medesimo articolo e vizio di motivazione sulla quantificazione dell’assegno stesso.

I motivi vanno rigettati, in quanto infondati.

Non si ravvisa violazione alcuna di legge. Il giudice a quo indica correttamente il procedimento logico cui si è attenuto, in piena aderenza all’art. 5 l. divorzio: il  riferimento al tenore di vita della famiglia durante la convivenza matrimoniale e dell’inadeguatezza dei mezzi della ****** a mantenerlo; il richiamo alla posizione economica delle parti, quale indice del pregresso tenore di vita (al riguardo , tra le altre, Cass. 2156/2010).

In sostanza il ricorrente propone profili e valutazione di fatti, in  contrasto con le indicazioni della sentenza impugnata, sorretta da motivazione adeguata e non illogica.

Il giudice a quo pone a confronto i redditi dei coniugi, secondo le loro dichiarazioni al momento della separazione consensuale e all’attualità.

Afferma che il redito netto dichiarato dal T, all’epoca, era comunque inadeguato a far fronte agli impegni economici da lui spontaneamente assunti con la separazione consensuale.

In quanto all’attualità, la sentenza impugnata esamina i redditi delle parti, caratterizzanti da un divario notevole a favore del T, accresciuto rispetto la momento della separazione, nonché il loro patrimonio immobiliare (superiore, anche in tal caso, quello del marito), ed afferma che l’odierno ricorrente presenta una capacità elevata, derivante dall’esercizio  di un’attività professionale ad un livello di grande qualificazione (medico specializzato in chirurgia plastica o dermatologia, presso ente ospedaliero ed in forma autonoma; docente all’università, Scuola di Specializzazione). La moglie risulta dipendente della **************.

Esamina altresì il giudice a quo i vari parametri di quantificazione dell’assegno, dando comunque netta prevalenza alla comparizione dei redditi tra coniugi (al riguardo, Cass. n. 16606/2010).

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 4 n. 3 l. divorzio nonché vizio di motivazione sulla decorrenza dell’assegno.
Il motivo  va dichiarato infondato.

Va precisato che la decorrenza della domanda (o, all’opposto, successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, attributiva del nuovo status), a differenza di quanto afferma la contro ricorrente, deve essere comunque motivata (così, tra le altre, Cass. n. 14124/2009). E , tuttavia, dal contesto motivazionale, emergono, seppure per implicito, le  ragioni della pronuncia al riguardo, e, in particolare, la mancata previsione di un assegno in sede di separazione consensuale sussistendo, al contrario, fin dalla domanda di divorzio, tutti i presupposti del relativo assegno.

Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta violazione degli artic. 147, 155 cc e 8 l. divorzio, nonché vizio di motivazione in ordine al contributo per el figlie.

Il T afferma che al moglie non avrebbe fornito prova delle aumentate esigenze delle figlie, tali da giustificare un aumento dell’assegno a loro favore.

È appena il caso di precisare che il giudice, riguardo ai figli, può provvedere anche al di là delle richieste delle parti e potrebbe assumere mezzi di prova, anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 155 sexies cc. dunque egli ben può, come nella specie, ricorrere a presunzioni, secondo quanto comunemente accade, precisando che le esigenze di due ragazze di sedici e quattordici anni sono sicuramente più ampie ed articolate  rispetto a quelle di due bambine di sette e cinque, quali erano all’epoca della separazione. E correttamente la Corte di merito richiama le esigenze di studio, di svago, la vita di relazione, ecc. Semmai sarebbe spettato alla richiedente fornire prova di ulteriori e particolari esigenze (salute, studi specifici che necessitassero di soggiorni all’estero, ecc. ). Nè si può affermare che il giudice a quo non abbia considerato l’esigenza di sostentamento di una figlia di secondo letto del T, cui la sentenza impugnata fa esplicito riferimento.

Conclusivamente, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità , che liquida in
 5000,00 per onorari ed
 200,00 per esborsi, oltre spese generalità ed accessori di legge.
In tal caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri identificativi, a norma dell’art. 52 d. lgs 196/03, in quanto imposto dalla legge.

Roma, 28 maggio 2012

il Consigliere estensore



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