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martedì 28 settembre 2010

RICORSO ALLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO PER DENUNCIARE L'IMPOSSIBILITA' DI ACCELERARE UN PROCESSO IN ITALIA




COUR EUROPÉENNE DES DROITS DE L'HOMME
EUROPEAN COURT OF HUMAN RIGHTS
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO


presso il Consiglio d'Europa
STRASBURGO - 67075- FRANCIA


Ricorso ex art. 34 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo PRIMA
dell’esperimento della procedura nazionale di cui alla legge Pinto n.89/2001,
nell’interesse di


Giulio Cesare (codice fiscale AAA BBB CC45VV L581B) nato a Salerno il 10 agosto 1925, cittadino italiano, (sesso maschile), ingegnere, residente in Italia, (84100) Salerno, Piazzetta Garibaldi n. 16, ed elettivamente domiciliato ai fini della procedura in oggetto, in Italia (84100), Salerno, via ___________, (telefono/telefax _________________) presso lo studio dell’Avv. Gennaro De Natale del foro di Salerno, (nato a ____________), che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al presente ricorso, ricorrente

Contro

il GOVERNO ITALIANO.
Convenuto

OGGETTO DEL RICORSO:
UNICO MOTIVO) Violazione dell’articolo 13 della Convenzione Europea quanto all’impossibilità di accelerare la procedura litigiosa, la cui durata viola a sua volta l’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo quanto al diritto ad un processo entro un termine ragionevole.


Il sig. Giulio Cesare, a mezzo del sottoscritto procuratore e difensore, espone e chiede quanto segue.

II - ESPOSIZIONE DEI FATTI
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO DINANZI AL TRIBUNALE DI SALERNO – SEZIONE DISTACCATA DI EBOLI.


1) Con atto di citazione notificato nel mese di febbraio 2001, Giulio Cesare conveniva in giudizio Muzio Scevola per ottenere il pagamento delle competenze relative a prestazioni professionali svolte nell’interesse del defunto Caio Sempronio.

2) La causa veniva iscritta al numero di RG 1234/1596. Il convenuto resisteva alla domanda.

3) All’esito dell’istruttoria, il Tribunale Civile di Salerno, Sezione distaccata di Eboli, Giudice dott. XXXXXXXXXX, all’udienza del XX maggio 2006, assegnava la causa a sentenza, con i termini per le note di cui all’articolo 190 cpc (60 giorni per il deposito delle comparse conclusionali, più 20 giorni per il deposito delle memorie di replica).

4) Poiché il Giudice, dott. VVVVVVVV, ha trattenuto il fascicolo del processo, non è stato possibile estrarne copia.

5) Inoltre, il Giudice dott. XXXXXXXXX, è stata successivamente assegnata ad altro incarico, per cui, a tutt’oggi, sono decorsi CIRCA 4 ANNI dall’assegnazione della causa a sentenza, ma quest’ultima non è stata ancora emanata, con una totale stagnazione del processo durante tale periodo.

6) Orbene, ai sensi dell’art. 190 del codice procedura civile, all’udienza della precisazione delle conclusioni inizia a decorrere il termine dei sessanta giorni entro cui le parti possono scambiarsi le memorie conclusionali e l’ulteriore termine di venti giorni per le memorie di replica, e, quindi, l’ulteriore termine di sessanta giorni successivi per il deposito della sentenza che definisce il giudizio.

7) In sostanza, ai sensi degli articoli 190 e 275 del codice di procedura civile, la fissazione dell’udienza per la precisazione delle conclusioni, comporta che il Tribunale sia obbligato a decidere la causa entro i successivi centoquaranta giorni e poiché il notevole carico dei ruoli gravante sul Tribunale Civile di Salerno, Sezione di Eboli, non consente tale trattazione, il Tribunale è costretto a dilazionare il momento decisorio della causa a quattro/sei anni dalla richiesta delle parti. Tutto ciò è una prassi generalizzata per tutte le cause pendenti davanti al Tribunale Civile di Salerno, Sezione di Eboli. Ed il Governo Italiano, pur consapevole della carenza di organico dei magistrati addetti al suddetto Ufficio Giudiziario, nulla ha fatto per rimediare alla situazione di grave paralisi ivi esistente da tempo. Pertanto, l’odierno ricorrente non può vivere nell’ansia e nell’incertezza della lite per tutto il periodo di stagnazione della stessa, che comporta anche la mancata utilizzazione delle somme chieste a titolo di competenze professionali.

8) Ritenendo tale situazione processuale di stallo incompatibile con la Convenzione Europea, il ricorrente, con il presente ricorso, intende quivi adire la Corte Europea.

III) ESPOSIZIONE DELLE VIOLAZIONI DELLA CONVENZIONE E/O DEI PROTOCOLLI, NONCHE’ DELLE RELATIVE ARGOMENTAZIONI.
EXPOSÉ DES VIOLATIONS DE LA CONVENTION ET/OU DES PROTOCOLES, AINSI QUE DES ARGUMENTS A’ L’APPUI.
STATEMENT OF ALLEGED VIOLATION OF THE CONVENTION AND/OR PROTOCOLS, AND OF RELEVANT ARGUMENTS.


UNICO MOTIVO) Violazione dell’art. l’articolo 13 della Convenzione quanto all’impossibilità di accelerare la procedura litigiosa, la cui durata viola a sua volta l’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo quanto al diritto ad un processo entro un termine ragionevole.

Il Ricorrente lamenta di non poter disporre di un ricorso effettivo suscettibile di rimediare alla durata della procedura litigiosa.

Vedi mutatis mutandis, Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, la sentenza del 25 ottobre 2001 nel caso SAGGIO c. ITALIA – Ricorso n. 41879/98, che ha dichiarato la violazione dell’art. 13 (diniego di accesso ad un tribunale) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo del 4.11.1950, perché le regole fondanti la procedura di amministrazione straordinaria, caratterizzate dalla lunghezza della verifica dello stato dei crediti, hanno ostacolato in maniera ingiustificata il diritto del ricorrente di disporre di un ricorso effettivo per far valere il suo credito davanti ai giudici nazionali.

Non vi è dubbio che, nel caso di specie, una stagnazione di quattro anni costituisca una violazione dell’art. 6 della Convenzione quanto al termine ragionevole di durata (Ved. Corte Europea, sentenza del 24 maggio 1991, nel caso Vocaturo c. Italia. §17<<>>.


La situazione della durata dei processi civili in Italia è talmente notoria alla Corte europea , da non meritare ulteriore illustrazione.


Certo è che da quando la Corte europea con le sentenze del 28 luglio 1999 rese nei casi BOTTAZZI, A. P. , DI MAURO, e FERRARI c. ITALIA ha accertato che <>, ben scarse sono state le misure di carattere generale adottate dal Governo italiano per porre fine alla violazione generalizzata.

Tutto ciò contrasta con i principi espressi di recente dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, GRANDE CAMERA, caso SEJDOVIC c. ITALIA, Sentenza del 01 marzo 2006, Ricorso n° 56581/00: <<§ 119 La Corte ricorda che ai sensi dell'articolo 46 della Convenzione, le Alte Parti Contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive pronunciate dalla Corte nelle controversie alle quali sono partite, essendo il Comitato dei Ministri incaricato di sorvegliare l'esecuzione di queste sentenze. Ne deriva in particolare che, quando la Corte constata una violazione, lo Stato convenuto ha l'obbligo giuridico non soltanto di versare agli interessati le somme assegnate a titolo di equa soddisfazione prevista dall'articolo 41, ma anche scegliere, sotto il controllo del Comitato dei Ministri, le misure generali e/o, se necessario, individuali da integrare nel suo ordinamento giuridico interno per mettere un termine alla violazione constatata dalla Corte e cancellare per quanto possibile le conseguenze. Lo Stato convenuto rimane libero, sotto il controllo del Comitato dei Ministri, di scegliere i mezzi per liberarsi dal suo obbligo giuridico alla luce dell'articolo 46 della Convenzione, sempre che questi mezzi siano compatibili con le conclusioni contenute nella sentenza della Corte (vedere, mutatis mutandis, Scozzari e Giunta c. Italia (GC), N. 39221/98 e 41963/98, § 249, CEDU 2000-VIII). § 120. Nel caso Broniowski c. Polonia, la Corte ha ritenuto che quando constata una violazione che deriva da una situazione a carattere strutturale che riguarda un grande numero di persone, possono imporsi misure generali a livello nazionale nel quadro dell'esecuzione delle sue sentenze (Broniowski c. Polonia , no 31443/96, §§ 188-194, CEDH 2004-V). Quest'approccio giurisdizionale adottato dalla Corte per trattare i problemi sistemici o strutturali che appaiono nell'ordinamento giuridico nazionale è designato dall'espressione "procedura di sentenza pilota". Questa ha soprattutto per vocazione di aiutare gli Stati contraenti ad assolvere il ruolo che spetta loro nel sistema della Convenzione risolvendo questo tipo di problemi a livello nazionale, di modo che riconoscano con ciò anche alle persone interessate i diritti e libertà definiti nella Convenzione, come lo vuole l'articolo 1, offrendo loro una riparazione più rapida pur riducendo il carico della Corte che, altrimenti, dovrebbe conoscere di quantità di richieste simili nella sostanza (Broniowski c. Polonia (regolamento amichevole), n. 31443/96, §§ 34-35, 28 settembre 2005).>>
Tutti gli interventi del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa non sono stati sufficienti a risolvere il problema della durata dei processi in Italia, se anche il Commissario per i Diritti Umani, del Consiglio d’Europa, Alvaro Gil-Robles, ha presentato a Strasburgo il 14 dicembre 2005 il suo Rapporto annuale sull’Italia ((CommDH(2005)9), in cui si legge testualmente: <>.

INEFFICACIA DELLA LEGGE PINTO AL FINE DI ACCELERARE I PROCESSI.
Il ricorrente non ha interesse a ricevere, al momento, mediante il ricorso allo strumento interno di cui alla Legge Pinto (n. 89/2001), una riparazione postuma per il ritardo della propria causa, bensì ha interesse di far accertare la mancanza di un rimedio efficace contro il ritardo che si traduce in un diniego di accesso ad un Tribunale ex art. 13 della Convenzione.


Il ricorrente deve ottenere il pagamento di competenze professionali per prestazioni svolte nell’anno 1997.

Il ricorrente deduce che non è sufficiente che la legge Pinto n. 89/2001 preveda un’equa riparazione per il ritardo, laddove non consente alcuna forma di accelerazione del processo.
Questa situazione è stata accertata anche dalla Risoluzione Interinale ResDH(2005)114 che riguarda le sentenze della Corte Europea dei Diritti Umani e le decisioni del Comitato dei Ministri in 2183 casi contro l'Italia relativi alla durata eccessiva delle procedure giudiziarie (adottata dal Comitato dei Ministri il 30 novembre 2005, nel corso della 948ma riunione dei Delegati dei Ministri).


In questa Risoluzione si legge testualmente: <>.

Il ricorrente eccepisce che la legge Pinto non permette MAI l’accelerazione del processo, di talché la stagnazione forzata di NOVE anni del processo si traduce in un diniego di giustizia. La presente fattispecie integra la violazione dell’art. 13 della Convenzione.

Vedi anche nel caso SOKOLOV v. RUSSIA (ricorso n. 3734/02), la sentenza del 22 Settembre 2005, di Codesta Corte, §§ 45 e 46§.

IV) ESPOSIZIONE RELATIVA ALL’ART. 5 § 1 DELLA CONVENZIONE.
EXPOSÉ RELATIF AUX PRESCRIPTIONS DE L’ARTICLE 35 § 1 DE LA CONVENTION.
STATEMENT RELATIVE TO ARTICLE 35 § 1 OF THE CONVENTION.


Quanto al termine dei sei mesi dalla decisione interna definitiva di cui all'art. 35 della Convenzione, al fine del vaglio di ricevibilità del presente ricorso, il ricorrente precisa che la causa è tuttora pendente (in attesa di sentenza), e proprio tale pendenza crea la violazione denunciata per la mancanza di un rimedio effettivo per l’accelerazione del processo.

V) ESPOSIZIONE RELATIVA ALL'OGGETTO DEL RICORSO E DOMANDE PROVVISORIE PER UN’EQUA SODDISFAZIONE.
EXPOSÉ DE L'OBJET DE LA REQUETE ET PRÉTENTIONS PROVISOIRES POUR UNE SATISFACTION EQUITABLE.
STATEMENT OF THE OBJECT OF THE APPLICATION AND PROVISIONAL CLAIMS FOR JUST SATISFACTION.


Il ricorrente ad oggi chiede alla Corte Europea soltanto l’accertamento della violazione e non intende chiedere alcun risarcimento di natura pecuniaria, perché questo formerà oggetto della procedura nazionale nel quadro della Legge Pinto n. 89/2001.

Tutto ciò premesso, il ricorrente chiede l’accertamento della Violazione dell’art. 13 della Convenzione quanto all’impossibilità di accelerare la procedura litigiosa, pendente nell’arco di NOVE anni, la cui durata viola a sua volta l’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo quanto al diritto ad un processo entro un termine ragionevole.

Il ricorrente, in considerazione della situazione di carattere strutturale, in grado di coinvolgere un largo numero di persone, chiede a Codesta Corte di imporre al Governo convenuto misure generali.

Il ricorrente chiede il rimborso delle spese della presente procedura davanti agli organi della Convenzione, per la cui misura si rimette fin d’ora alla saggezza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

VI ALTRE ISTANZE INTERNAZIONALI INVESTITE DELLA CAUSA.
AUTRES INSTANCES INTERNATIONALES TRAITANT OU AYANT TRAITÉ L’AFFAIRE.
STATEMENT CONCERNING OTHER INTERNATIONAL PROCEDINGS.
Il ricorrente non ha sottoposto il suo caso ad alcuna altra autorità internazionale.

VII ELENCO DEI DOCUMENTI ALLEGATI .
Tutti in semplice copia fotostatica:
1) Atto di citazione notificato; 2) Comparsa di costituzione; 3) Comparsa conclusionale; 4) Comunicazione di ordinanza pronunciata fuori udienza.
VIII) LINGUA DELLA PROCEDURA DAVANTI ALLA CORTE
EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO.


Considerato che ai sensi dell’art. 6, paragrafo 3, lettera a) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: <>, il ricorrente ritiene di aver diritto all’uso della sua lingua italiana in tutti i suoi scritti difensivi e nell’eventuale dibattimento davanti alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, nonché di avere gratuitamente la traduzione in lingua italiana della corrispondenza a lei inviata dalla Cancelleria della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, degli scritti difensivi e delle difese orali del Governo italiano (durante l’eventuale dibattimento) e delle domande che dovessero essere rivolte dai giudici alla ricorrente e/o al suo difensore. All’uopo chiede fin d’ora l’autorizzazione. In via subordinata, la lingua sussidiaria di lavoro può essere l’inglese.



IX) DICHIARAZIONE: Dichiaro in fede e con lealtà che i dati che figurano nel presente ricorso sono esatti.

Salerno _______________________


avv. Gennaro De Natale





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