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lunedì 23 novembre 2009

COMPARSA CONCLUSIONALE PER PALI TELECOM




GIUDICE DI PACE DI SALERNO

Comparsa conclusionale

Per: Vincenzo B.e Carmela P., rapp.ti e difesi dall’avv. Gennaro De Natale.
Contro: Telecom Italia SpA.


La domanda è fondata e merita accoglimento per i seguenti motivi.

1) Legittimazione attiva.
La legittimazione attiva è stata provata mediante la produzione del titolo di proprietà allegato in atti.

2) Giurisdizione.
La questione trattata nel presente giudizio è certamente di diritto soggettivo, atteso che gli istanti chiedono, con l’accertamento dell’inesistenza del diritto della convenuta ad occupare il terreno, il risarcimento dei danni causati dalla condotta illegittima di quest’ultima (Tar Campania Napoli, 27/2/2004, n. 2452).
Appunto in applicazione di tali principi è stato, in particolare, già affermato da queste Sezioni Unite che la proponibilità, davanti al giudice ordinario, della domanda del privato contro la Società concessionaria del servizio telefonico, per la rimozione di una linea telefonica appoggiata alla proprietà privata senza alcun provvedimento autoritativo impositivo di servitù, non può trovare ostacolo, ai sensi dell'art. 4 della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, nella sola circostanza che la utilizzazione di detto bene sia stata effettuata dalla concessionaria medesima per il perseguimento delle finalità pubbliche ad essa demandate, atteso che il divieto per il giudice ordinario di condannare l'amministrazione ad un "facere", sancito della citata norma, non opera riguardo al comportamento materiale dell'amministrazione stessa ancorché indirizzato a scopi pubblici, ove non risulti che questo si ricolleghi ad una valutazione autoritativa, compiuta nella competente sede amministrativa, circa la indispensabilità del sacrificio imposto al privato rispetto al fine pubblico perseguito (v. sent. 26 gennaio 1978 n. 355; 22 ottobre 1980 n. 5679) (Cass. SS. UU. 16/1/1986, n. 207).

Inoltre, si legge nella medesima sentenza, gli artt. 185, 231, 233 e 234 del T.U. delle disposizioni legislative in materia postale e di telecomunicazioni, approvato con d.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, dispongono tra l'altro: che gli impianti di telecomunicazione non possono essere eseguiti se i relativi progetti non siano stati preventivamente approvati dall'Amministrazione, che la loro approvazione importa dichiarazione di pubblica utilità, ed infine che per l'acquisizione dei beni immobili e per la costituzione delle servitù occorrenti per la realizzazione degli impianti di telecomunicazione e delle relative opere accessorie, necessarie alla loro funzionalità, in mancanza del consenso dei proprietari dei fondi, può esperirsi la procedura di esproprio prevista dalla legge 25 giugno 1865 n. 2359 e successive modificazioni.

Da qui la conseguenza che, nella fattispecie in esame, la giurisdizione del giudice ordinario non può essere negata nè in relazione ai suoi limiti esterni, connessi alla particolare consistenza di diritto soggettivo che - in difetto di provvedimenti ablatori - deve essere riconosciuta alla causa petendi della pretesa dedotta in giudizio, nè in relazione ai suoi limiti interni, che fanno divieto al giudice ordinario di emettere pronunce di condanna ad un facere al cospetto di attività amministrative da salvaguardare, direttamente o indirettamente riferibili alla pubblica amministrazione, rendendo improponibili le relative domande: trattandosi appunto della tutela di posizioni di diritto soggettivo, compresse di fatto da un comportamento materiale tenuto dalla S.I.P. che - non risultando sorretto nè direttamente nè indirettamente dall'intervento neppure implicito di provvedimenti autoritativi riferibili al concreto esercizio della sua attività di concessionaria secondo le norme che sono state innanzi richiamate - non è suscettibile come tale di essere ricondotto nell'ambito dell'attività dalla stessa prestata per conto e quale longa manus della amministrazione concedente (Cass. SS. UU. 16/1/1986, n. 207).

Ancora, la Suprema Corte a Sezioni Unite, con sentenza n. 6962 del 26/07/1994, ha statuito che per costante giurisprudenza, qualora la società concessionaria del servizio telefonico installi propri impianti sul fondo altrui, senza che siano intervenuti provvedimenti ablatori, deve riconoscersi la facoltà del proprietario di detto fondo di adire il giudice ordinario, anche con domanda di rimozione di dette opere, atteso che si verte in tema di tutela di posizioni di diritto-soggettivo, lese da comportamenti materiali non ricollegabili all'esercizio di poteri autoritativi della pubblica amministrazione (Cass., sez. un., 16 gennaio 1986 n. 207 ex plurimis).

Infine sulla questione è intervenuta, in via definitiva, nuovamente, la Cassazione a S.U. statuendo che nelle controversie aventi ad oggetto fattispecie di occupazione c.d. usurpativa – nelle quali, mancando una valida e perdurante dichiarazione di pubblica utilità dell’opera in ragione della quale è stata disposta l’occupazione del fondo, non si realizza della c.d. accessione invertita, ma soltanto un fatto illecito generatore del danno- sussiste la giurisdizione del Giudice Ordinario, non essendo tali fattispecie in alcun modo riconducibili all’esercizio di un potere amministrativo in materia urbanistica (Cass. n. 9139/2003).

Nel caso di specie, la SIP-Telecom ha installato i cavi telefonici sulla proprietà degli istanti in mancanza del consenso di questi ultimi e senza previo provvedimento ablativo: va dichiarata, pertanto,la giurisdizione del giudice ordinario.

3) Competenza.
Non si può considerare causa che sorge da un rapporto obbligatorio avente ad oggetto un immobile quella nella quale il proprietario o possessore tende ad ottenere un risarcimento dal terzo che ha materialmente danneggiato il suo immobile o ha limitato il godimento ... La domanda con cui l'attore ha chiesto di essere risarcito del danno subito per avere la Telecom infisso sul suo fondo pali a sostegno di una linea telefonica senza che fosse stata in precedenza costituita in suo favore la pertinente servitù non è domanda relativa a bene immobile e va decisa secondo equità perché il risarcimento è stato chiesto per somma inferiore a quella stabilita nel secondo comma dell'art. 113 cpc.. … Tale connessione non sussiste quando la decisione sulle due domande non richieda l'accertamento di identici fatti costitutivi, modificativi, impeditivi od estintivi, sì che l'accoglimento od il rigetto dell'una non implichi rigetto e accoglimento dell'altra. Non sussiste rapporto di connessione tra la domanda di risarcimento del danno derivato dal comportamento della Telecom che abbia stabilito di fatto la servitù sul fondo dell'attore e la domanda riconvenzionale della stessa Telecom proposta per ottenere la costituzione coattiva di tale servitù. La connessione manca perché accoglimento e rigetto delle due domande sono indipendenti tra loro (Cass. 26/2/2003 n. 2889).

4) Tentativo di conciliazione.
Non sussiste improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo di conciliazione, dal momento che la delibera n. 182/02 Cons., all’art. 3, prevede che “gli utenti singoli o associati, ovvero gli organismi di telecomunicazioni, che lamentino la violazione di un proprio diritto o interesse protetti da un accordo di diritto privato, o dalla norma in materia di telecomunicazioni attribuite alla competenza dell’Autorità e che intendono agire in giudizio, sono tenuti a promuovere preventivamente un tentativo di conciliazione dinanzi al CORECOM competente per territorio”: è chiaro che la predetta normativa non può trovare applicazione nella fattispecie in oggetto. In primo luogo, il tentativo di conciliazione, in quanto norma speciale non suscettibile d’interpretazione estensiva, risulta circoscritto alle controversie aventi ad oggetto diritti tutelati da accordi di diritto privato o da norme in materia di telecomunicazioni, e non per la tutela di un diritto soggettivo, come nel caso in esame. In secondo luogo, gli attori non hanno agito in qualità di utenti, come richiesto dall’art. 3 della Delibera n. 182/02 Cons., non essendo, nel caso in esame, parti di un rapporto contrattuale, ma hanno agito ai sensi dell’art. 2043 cc.

5) Risarcimento del danno.
Non vi è dubbio che l’installazione dei pali e della linea telefonica sul fondo degli attori sia avvenuta senza il loro consenso, anche in considerazione del fatto che gli istanti, come affermato dal teste escusso, non sono beneficiari dell’adduzione di tale linea, che è al servizio esclusivo di altri utenti. Né la Telecom Italia s.p.a. ha provato in giudizio l’esistenza del necessario presupposto dell’occupazione costituito dall’adozione dei provvedimenti amministrativi di approvazione di cui al D.P.R. n. 156 del 29/03/1973, per cui in difetto di altre emergenze probatorie, il suo comportamento va sicuramente qualificato come illecito, anche in virtù del combinato disposto dell’art. 95 del R.D. n. 1198 del 19/7/1941 e dell’art. 232 comma 2 e 3 del D.P.R. n. 156 del 29/03/1973. Invero, la normativa in esame stabilisce l’obbligo per l’utente del servizio telefonico di concedere gratuitamente all’esercente il servizio, l’appoggio ed il passaggio nel fondo di sua proprietà per i sostegni e le condutture occorrenti. Tale obbligo, però, non sussiste nel caso in cui le installazioni effettuate siano destinate a servire anche altri utenti. Orbene, nel caso in esame non solo la Telecom non ha provato che le opere fossero ad esclusivo servizio degli attori, ma addirittura l’escusso testimoniale prova il contrario.
Appare quindi evidente che la Telecom ha omesso di riconoscere ai legittimi proprietari un corrispettivo per il peso imposto al fondo, con ciò arrecando a questi indubbiamente un danno corrispondente al mancato ristoro per la deminutio subita della pienezza ed esclusività del loro diritto, che merita di essere risarcito in via d’equità, nella misura di Euro 1.032,00.

Né, d'altronde, può parlarsi di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, dal momento che l’illiceità della condotta della convenuta perdura nell’attualità, mantenendo ancora oggi la Telecom tali impianti senza il consenso dei proprietari del fondo.

Tutt’altro impugnato, gli istanti, come in atti rapp.ti, difesi e dom.ti,

c o n c l u d o n o

affinché l’Ill.mo Giudicante voglia così decidere:

1) accogliere la domanda proposta e, per l’effetto, accertata la mancanza di un qualsiasi titolo legittimante la costruzione ed il mantenimento, da parte della società convenuta, della linea telefonica sulla proprietà degli attori, ritenuta l’illiceità della condotta posta in essere dalla convenuta ed il diritto degli attori di ottenere il risarcimento dei danni,

2) Condannare la convenuta al risarcimento dei danni patiti dagli attori per i fatti di cui in narrativa, oltre interessi e rivalutazione monetaria, da liquidarsi in via equitativa, nei limiti della somma di euro 1.032,00, con espressa rinunzia all’eventuale esubero;

3) Condannare la convenuta al pagamento delle spese, diritti ed onorari del presente giudizio, con attribuzione al sottoscritto difensore antistatario.

Salerno, 6 Maggio 2008

Avv. Gennaro De Natale

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