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martedì 29 settembre 2009

OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO PER FINANZIAMENTO



TRIBUNALE CIVILE DI PRATO

Atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo

Il Sig. ___________, nato a Salerno, il ____________, ed ivi residente alla via ___________ n. 6, cf ____________________, rapp.to e difeso dall’avv. Gennaro De Natale del Foro di Salerno, presso il cui studio elettivamente domicilia in virtù di mandato a margine del presente atto, propone formale

O P P O S I Z I O N E

avverso il decreto ingiuntivo n. ____________, Reg. Gen. _________, Cron. _________, emesso il ___________ dal Tribunale di Prato per la somma di euro 3.111,44 oltre interessi e spese, notificato all’opponente in data _______ ad istanza della società ___________, in quanto tale decreto è ingiusto ed illegittimo per i seguenti

M O T I V I

F A T T O

Nel mese di marzo 2006, il Sig. _____________ ha sottoscritto, nei locali della Snc _______________ di Salerno, un contratto di acquisto di beni mobili nonchè contestuale contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto degli stessi (all. 3).

Tuttavia, poiché a tutt’oggi tali beni non sono stati ancora consegnati da parte del venditore _________ (all. 4), unico beneficiario delle somme erogate dalla __________ SpA, il Sig. ______, con racc.te ar n. _______ del 7/7/2006, ha dapprima chiesto la risoluzione del contratto di compravendita per inadempimento assoluto del venditore (all. 5), ed in seguito la risoluzione del contratto di finanziamento, il quale ultimo era finalizzato all’acquisto dei suddetti beni (all. 6).

DIRITTO

1) Incompetenza per territorio del giudice adito.

E’ da rilevare, preliminarmente, la totale mancanza di correttezza della società ___________ SpA che, in palese spregio delle norme in materia di competenza territoriale, ha proposto il ricorso per decreto ingiuntivo dinanzi al giudice del luogo in cui la società stessa ha la sede operativa, e ciò all’evidente e palese scopo di scoraggiare qualsiasi iniziativa difensiva dell’opponente che risiede nel Comune di Salerno.

Appare opportuno, pertanto, ricordare alla opposta le norme in materia di competenza territoriale previste dal codice di procedura civile nonché dalle leggi speciali:

A) l’art. 18 cpc stabilisce che è competente il giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio;

B) l’art. 20 cpc stabilisce che è competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione;

C) l’art. 33 lett. U, D. Lgs. 06/09/05 n. 206 (Codice del Consumo), stabilisce che si presumono vessatorie le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore. Tale disposizione, tra l’altro già contenuta nell’art. 1469 bis cc, si interpreta nel senso che il legislatore, nelle controversie tra consumatore e professionista ha stabilito la competenza territoriale esclusiva (foro esclusivo speciale: Cass. 8/3/05 n. 5007) del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, presumendo vessatoria la clausola che preveda una diversa località come sede del foro competente, ancorché coincidente con uno di quelli individuabili sulla base del funzionamento dei vari criteri di collegamento stabiliti dal codice di procedura civile per le controversie nascenti da contratto (Cass. Ord. 13/6/06 n. 13642; Cass. 29/4/05 n. 8980; Cass. 28/6/05 n. 13890; Cass. 8/3/05 n. 5007; Cass. SS. UU. 1/10/03 n. 14669; Cass. 28/06/2005 n. 13890). Orbene, poiché l’opponente risiede a Salerno, che è anche il luogo in cui è sorta e deve eseguirsi l’obbligazione, ne discende che, alla luce delle precedenti considerazioni, il ricorso per decreto ingiuntivo doveva essere proposto dinanzi al Tribunale di Salerno: di conseguenza l’opposto decreto è da considerarsi invalido (Cass. 16/3/1999 n. 2352) o nullo (Cass. 5/6/1991 n. 6380), e quindi va revocato.

Risulta pertanto palese il grave pregiudizio economico che la ___________ SpA ha procurato all’opponente, in quanto, costringendolo a doversi difendere in un altro Foro, ha riversato sul soggetto debole costi aggiuntivi, pregiudicando così, sia il diritto alla difesa alla parte debole, sia il diritto del debitore alla correttezza ed equità nel rapporto negoziale.

In buona sostanza, si può affermare che la deroga alla competenza territoriale illegittimamente operata dalla società opposta costituisce un mezzo di pressione psicologica per ottenere, in maniera quanto mai scorretta, il pagamento di somme in realtà non dovute.

2) Risoluzione dei contratti di compravendita e di finanziamento per inadempimento.

Nel merito, e senza con ciò voler abbandonare l'eccezione che precede, va sottolineato che nel contratto a prestazioni corrispettive, verificatosi l'inadempimento non di scarsa importanza di una parte, l'altra può rifiutare l'adempimento, anche prima della domanda giudiziale di risoluzione (Cass. 31/7/1987 n. 6643), ciò che è stato fatto dall’opponente con racc.te ar ___________ del 7/7/2006 (all. 6).

Nel caso di specie si verte in tema di mutuo di scopo e di negozi collegati, e, pertanto, è applicabile il principio di diritto già fissato dalla Corte di Cassazione con la ben nota sentenza 20/1/1994 n. 474, per cui: Posto che nel contratto di mutuo è previsto lo scopo, consistente nel reimpiego della somma mutuata per l'acquisto del veicolo, e che in virtù del collegamento negoziale della somma concessa in mutuo beneficia il venditore, in seguito al venir meno dello scopo nel negozio di mutuo, concretato dalla risoluzione della compravendita dell'autoveicolo, il mutuante è legittimato a richiedere la restituzione della somma mutuata non al mutuatario, ma direttamente ed esclusivamente al venditore.
Il suddetto principio di diritto è stato successivamente condiviso e precisato dalla Suprema Corte e dalla giurisprudenza di merito (Ved., ex plurimis, Cass. 23/04/2001 n. 5966; App. Milano, 6/2/2001; Trib. Milano 15/1/2001).

Nel caso in esame ricorre un collegamento negoziale specifico, per cui gli effetti dei vari negozi si coordinano per l'adempimento di una funzione unica, e le vicende e, addirittura, la disciplina di ciascuno di essi sono variamente legate all'esistenza ed alla sorte dell'altro: il nesso tra più negozi, infatti, fa sì che l'esistenza, la validità, l'efficacia e l'esecuzione di uno influisca sulla validità, sull'efficacia e sull'esecuzione dell'altro.

Ciò si verifica perché il collegamento dipende dalla circostanza che uno dei due negozi trova la sua causa in un rapporto scaturito dall'altro, dalla funzione cui un negozio adempie rispetto all'altro, dall'intento specifico e particolare delle parti di coordinare i negozi instaurando tra di essi una connessione teleologica.

Il collegamento obiettivato nel contenuto dei diversi negozi fa sì che essi siano destinati a subire le ripercussioni delle vicende dell'altro.

Infatti, dal nesso di interdipendenza fra i negozi deriva che, secondo un'affermazione ricorrente nella giurisprudenza, le vicende dell'uno debbono ripercuotersi su quelle dell'altro, condizionandone la validità e l'efficacia (Cass. 6/9/1991 n. 9388). Pertanto i negozi concorrenti, nella loro combinazione, producono effetti giuridici ulteriori, non coincidenti con l'efficacia di ciascuno, in modo che venga ad instaurarsi un rapporto giuridico autonomo che ha nel collegamento la sua fonte genetica (Cass. 9/4/1983, n. 2520).

Lo specifico collegamento negoziale, cui dà luogo il cosiddetto contratto di mutuo di scopo (o di finanziamento finalizzato), consiste nella erogazione del credito a medio o a lungo termine, in cui acquista rilievo, accanto alla causa genericamente creditizia, il motivo specifico per il quale il mutuo viene concesso. La clausola di destinazione della somma mutuata si inserisce nel contratto, in modo da conformarlo alle esigenze che si intendono raggiungere, ragion per cui, secondo la terminologia corrente, il contratto si funzionalizza. Con il cosiddetto contratto di mutuo di scopo, cioè, il mutuante (finanziaria) pone un vincolo all'utilizzazione delle somme concesse in mutuo. La destinazione da imprimersi alle somme, dalla sfera dei motivi, si inserisce nel negozio, fino a tradursi nella funzione. L'impiego del capitale, da motivo estraneo alla struttura, entra a far parte del regolamento contrattuale: non a caso, infatti, il modulo contrattuale contiene la dicitura Richiesta di finanziamento per acquisto Beni/Servizi (all. 3).

In virtù della inserzione della clausola di reimpiego, il creditore acquista influenza per quanto attiene alla utilizzazione del capitale mutuato. A carico del mutuatario insorge una vera e propria obbligazione, consistente nella utilizzazione della somma nel modo previsto, secondo la diligenza richiesta nell'adempimento delle obbligazioni.

Stando alla giurisprudenza, il mutuo cosiddetto di scopo o di destinazione, cioè preordinato al perseguimento di determinate finalità, è caratterizzato dal fatto che il sovvenuto non solo si obbliga a restituire la somma mutuata, con la corresponsione dei relativi interessi, ma anche a realizzare lo scopo previsto, compiendo l'attività in concreto programmata, sì che un tale impegno interviene nel sinallagma contrattuale con rilevanza corrispettiva dell'attribuzione della somma (Cass. S.U. 27/12/1997 n. 13046; Cass. 10/6/1981 n. 3752).

Il mutuo di scopo, dunque, si caratterizza per il fatto che una somma di danaro viene consegnata al mutuatario (o addirittura ad altro soggetto, parte nel diverso contratto necessario per il raggiungimento dello scopo, come nella fattispecie) esclusivamente per raggiungere una determinata finalità, espressamente inserita nel sinallagma contrattuale (Cass. 12/4/1988, n. 2876).

Risulta, quindi, pienamente condivisibile l'orientamento espresso dalla citata Cass. n. 474/1994 e ribadito da successive pronunce, secondo cui, venuto meno il contratto per cui il mutuo è concesso in seguito alla intervenuta risoluzione consensuale della compravendita dei beni, il mutuante (finanziaria) sia legittimato a richiedere la restituzione della somma mutuata non al mutuatario (acquirente), ma direttamente ed esclusivamente al venditore, che rispetto al mutuo appare terzo, ma che del mutuo in sostanza beneficia (Cass. 23/4/2001 n. 5966).

Infatti, nell'ambito della funzione complessiva dei negozi collegati, essendo lo scopo del mutuo legato alla compravendita, in quanto la somma concessa in mutuo viene destinata al pagamento del prezzo, venuta meno la compravendita, il mutuo non ha più ragione d'essere.

Il soggetto che in via definitiva beneficia della somma concessa in mutuo, non è il mutuatario (acquirente), ma il venditore dei beni, che rispetto al mutuo è terzo.

Il mutuatario (acquirente), il quale impiega la somma secondo la destinazione prevista in contratto, sostanzialmente non ricava alcun vantaggio, perché non consegue la proprietà dell'oggetto per il cui pagamento il mutuo gli viene concesso. In difetto del sinallagma della fattispecie complessiva risultante dal collegamento negoziale, il venditore, che riceve la somma mutuata, sicuramente deve restituirla (Cass. 23/4/2001 n. 5966).

Nel caso di specie, dunque, la (finanziaria) Spa non può pretendere dall’acquirente-consumatore il pagamento delle rate del mutuo finalizzato all’acquisto di beni che non sono mai stati consegnati, bensì deve, per quanto sopra eccepito, chiedere alla Snc (venditore) la restituzione delle somme che quest’ultima ha incassato senza avere consegnato la merce.

Tuttavia, la finanziaria preferisce agire giudizialmente nei confronti dei malcapitati consumatori (contro i quali è fin troppo semplice porre in essere illegittime quanto scorrette strategie processuali), piuttosto che contro il venditore, anche e soprattutto perché, essendo la Snc venditore in stato di fallimento (all. 7), dovrebbe accontentarsi del pagamento dei crediti in moneta fallimentare, e quindi in misura notevolmente ridotta.

3) Domanda riconvenzionale. Per le considerazioni innanzi svolte, la finanziaria è tenuta a restituire al Sig. _______ la somma di euro 515,32 da quest’ultimo indebitamente versata (all. 8) quale prima rata del finanziamento sottoscritto: la risoluzione, infatti, ha efficacia retroattiva (art. 1458 cc), il che significa che non soltanto il contratto risolto non produce più effetti per l’avvenire, ma che pure le prestazioni già eseguite ex uno latere devono essere restituite. Pertanto, con il presente atto, l’opponente spiega formalmente domanda riconvenzionale intesa ad ottenere la restituzione della somma di euro 515, 32 indebitamente versata.

4) Per tutto quanto sopra esposto, ed in considerazione del comportamento palesemente scorretto dimostrato dalla finanziaria, l’opponente promuove domanda per lite temeraria ex art. 96 cpc, specificando che i danni di cui si chiede il risarcimento derivano dal dolo o dalla colpa grave consistente nell’avere omesso quel minimo di diligenza che avrebbe dovuto fare ritenere infondata la propria pretesa (Cfr. Trib. Bologna 27/01/2005). Infatti, incorre in colpa grave chi ha agito o insistito in una pretesa coscientemente infondata, ossia senza il minimo esame della giustezza e ragionevolezza della pretesa (Cass. 83/1973); la temerarietà della lite, pertanto, deve essere ravvisata nella coscienza dell’infondatezza della domanda o eccezione (mala fede), o nella carenza della normale diligenza volta all’acquisizione di detta coscienza (colpa grave) (Cass. 3/6/83 n. 3799; Cass. 23/5/1990 n. 4651; Cass. 27/9/1994 n. 7101; Cass. 21/7/2000 n. 9579; Cass. 8/1/2003 n. 73).

Presupposti per la condanna al risarcimento del danno a titolo di responsabilità processuale aggravata per lite temeraria, ai sensi dell’art. 96 cpc sono, oltre alla totale soccombenza, il danno della controparte e quel particolare stato soggettivo integrato almeno dalla colpa grave (Cass. Sez. Un. 30/9/1989 n. 3948; Cass. 18/2/1994 n. 1592).

Quanto alla prova ed alla quantificazione di tale danno, la Suprema Corte ha stabilito che non è neppure necessario che l’interessato deduca e dimostri uno specifico danno, potendo il Giudice desumere detto danno da nozioni di comune esperienza (Cass. 3/8/2001 n. 10731; Cass. 5/5/2003 n. 6796) e fare riferimento anche al pregiudizio che la parte resistente abbia subito di per sé, per essere stata costretta a reagire all’iniziativa del tutto ingiustificata e scorretta dell’avversario e spesso senza che ciò possa essere adeguatamente compensato, sul piano strettamente economico, dal rimborso delle spese processuali (Cass. 18/2/1994 n. 1592).

Per tutto quanto sopra esposto, e con ogni più ampia riserva di meglio aggiungere, variare e provare, anche all’esito delle eccezioni e deduzioni di controparte, l’opponente, come in atti rapp.to, difeso e dom.to,

C I T A

La società _____________ SpA, in persona del legale rappresentante pt, con sede in ____, rapp.ta e difesa dall’avv. ____________, con studio in Prato alla via ________, a comparire dinanzi al Tribunale di Prato, all’udienza del giorno _________, locali soliti, ore di rito col prosieguo, per ivi sentir accogliere le seguenti

C O N C L U S I O N I

Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, in accoglimento dei motivi sopra esposti:

1) In via preliminare, per i motivi di cui in premessa, dichiarare la propria incompetenza territoriale, e, per l’effetto, revocare l’opposto decreto perché invalido o nullo e rimettere le parti dinanzi al competente Tribunale di Salerno;

2) Nel merito, in accoglimento dei motivi sopra esposti, dichiarare l’avvenuta risoluzione dei contratti di compravendita e di mutuo e, per l’effetto, revocare l’opposto decreto perché infondato, ingiusto ed illegittimo;

3) In accoglimento della spiegata domanda riconvenzionale, condannare la Società _______ SpA alla restituzione della somma di euro 515,32 indebitamente corrisposta dal Sig. ________, maggiorata di interessi legali;

4) Condannare la convenuta al pagamento delle spese, diritti ed onorari del presente giudizio, con attribuzione al sottoscritto procuratore anticipante;

5) Condannare l’opposta, che risulta avere agito con mala fede o colpa grave, al risarcimento dei danni ex art. 96 cpc, che si quantificano in euro 2.000,00.

Con riserva di precisare e modificare le conclusioni ex art. 183 c.p.c., si invita la convenuta a costituirsi in giudizio nelle forme stabilite dall’art. 166 cpc almeno 20 giorni prima della fissata udienza, con avvertenza che, in difetto, sarà dichiarata la sua contumacia e che, in tal caso, l'emananda sentenza sarà considerata come emessa in legittimo contraddittorio, e che la costituzione fuori del termine comporterà le decadenze di cui all'art. 167 cpc, per cui non potrà proporre domande riconvenzionali, chiamare terzi in causa, indicare mezzi di prova o produrre documenti.

Al fine del versamento del contributo unificato per le spese di giustizia, si dichiara che il valore della causa è di € 3.111,44.

Si dichiara di voler ricevere gli avvisi di cui agli artt. 133, 134, 176 e 183 cpc al numero di fax _______ e/o all’indirizzo di posta elettronica _____________.

Salerno, 2 Aprile 2007

Avv. Gennaro De Natale




         

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